lunedì 31 dicembre 2007

VU - LOADED




Found Somewhere on the Net

The beginning of a new age? Ma sì, via! Auguri!!!



Non so perché, ma sono due o tre giorni che mi frulla in testa il verso di una canzone dei Velvet Underground, "It's the beginning of a new age". Dipenderà dalle ultime ore del 2007, che si sta inesorabilmente liquefacendo nell'oceano della memoria come una candela attorno al suo stoppino. Strano! Anche "Loaded", l'album in cui è contenuto il brano proposto nel post, segnò lo scioglimento dei Velvet. John Cale se n'era già andato da tempo, sostituito dal bassista Doug Yule; "Moe" Tucker, in maternità, non prese nemmeno parte alle registrazioni, nonostante sia regolarmente accreditata sulla copertina del disco; come se non bastasse, Lou Reed - dopo aver lasciato la band - cominciò a lamentarsi che il montaggio ed il missaggio del long-playing erano stati stravolti senza il suo consenso. Ad ogni modo, da quando è stata immessa sul mercato la cosiddetta "Fully Loaded Edition" nel 1995, si possono ascoltare le "full-length versions" sia di "New Age" che di "Sweet Jane" e "Rock & Roll", oltre a numerose "demos", "alternate mixes" e "outtakes" degli altri sette pezzi del quarto ed ultimo album dei VU (ci sarebbe, invero, anche "Squueze", pubblicato nel '73, ma l'unica cosa di cui può "fregiarsi" quel 33 giri è il nome del gruppo). "Hommage" sarcastico ed irriverente all'attrice Kim Novak ("Can I have your autograph / He said to the fat blonde actress..."), "New Age" viene qui presentato nella versione originale cantata da Yule. E allora che c'entra la foto di Lou Reed, oltretutto scattata a più di trent'anni di distanza dall'incisione di "Loaded"? Poco, lo ammetto, ma almeno è inedita e bizzarra... almeno quanto questo post. Vi auguro un 2008 ricolmo di gioia e serenità, traboccante di salute, e ricco di soddisfazioni. Speriamo davvero che sia l'inizio di una "Nuova Era"... Mentre lo scrivo, però, la mia congenita natura pessimistica mi ricorda - meglio, mi "rimembra" - il "Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere"...

New Age

lunedì 24 dicembre 2007

Fats Domino - I'm Ready - I'm In Love Again (Palauer, Roma, 17 nov. 1988)



Oh, su Internet c'è proprio tutto!

"Fats" sì, ma con sublime leggerezza




Ci sono pochi artisti baciati dalla grazia e dall'innocenza. Uno di loro è senz'altro Fats Domino. Ricordo il suo sorriso contagioso ed i suoi occhi estatici mentre, allo storico concerto romano dei "Giganti del Rock 'n' Roll" (Palauer, 17 novembre 1988), accarezzava il piano con le sue manone inanellate, cavandone con trascendente leggiadria le note di "Hello Josephine" (e dire che quella sera aveva pure una malaugurata infreddatura!). Ecco perché ho scelto proprio lui per rinnovarvi i miei migliori Auguri di Buon Natale. Ascoltate con attenzione questo disco: "Antoine Dominique" da New Orleans (scampato per miracolo all'uragano Katrina) non riesce ad immalinconire neppure con un brano come "Blue Christmas"...

P.S. Mi raccomando, comprate i suoi dischi: nella devastazione seguita al terribile ciclone del 2005, Fats ha perso gran parte dei suoi beni, fra cui i suoi pianoforti e i numerosi dischi d’oro e di platino ottenuti nel corso della carriera. Questo post è un omaggio esclusivo per Christian il Vampiro (un ossimoro vivente... mai incontrato un "succhiasangue" così generoso e munifico), e per Roberto, che ha gentilmente condiviso con me il suo preziosissimo album di Ferrer.

domenica 23 dicembre 2007

BUON NATALE!!!



D'accordo, la raccolta non è proprio il massimo dell'originalità, e non segue neppure un criterio cronologico-geografico, ma che Natale sarebbe senza il giocondo e generoso Santa Claus, senza il pupazzo di neve ballerino Frosty o lo sfavillante naso della renna "Rudy"? Avrei potuto scovare versioni meno conosciute di questi classici d'importazione, ma le interpretazioni che ne diedero i vari Bing Crosby, Frank Sinatra e Dean Martin rimangono insuperate. E ad appena un giorno dalla Vigilia non è certo il caso di far "deragliare" la slitta di Babbo Natale dal sentiero della tradizione... Comunque, ce n'è per tutti i gusti: potete decidere voi come danzare attorno all'albero, se a ritmo di rock (Chuck Berry, Brian Setzer, George Thorogood...), blues (Elvis e Canned Heat), funk (James Brown), o addirittura punk (Ramones)... Sull'abete decorato, poi, non mancano neppure due "festoni" italiani piuttosto rari (Pavone e Carosone) e alcune "lucine" francesi di grande effetto.
È questo, tuttavia, il "ritornello" più bello della piccola antologia musicale: il fuoco del camino potrà anche affievolirsi sino a spegnersi, mentre fuori imperversa una spaventosa bufera di neve, ma finché potrete contare su un caldo e sincero abbraccio, sarete in grado di superare qualunque tipo di intemperie... Let It Snow! Buon Natale a tutti di cuore!!!

Happylist:

01) Irish Christmas - Chant de Noël
02) Bing Crosby & The Andrews Sisters - Here Comes Santa Claus
03) Dean Martin - Silver Bells
04) Dean Martin - Rudolph, The Red-Nosed Reindeer
05) Frank Sinatra - I'll Be Home For Christmas
06) Frank Sinatra - Let It Snow
07) Elvis Presley - Here Comes Santa Claus
08) Elvis Presley - Blue Christmas
09) Elvis Presley - Winter Wonderland
10) Tino Rossi - Noël - Douce nuit, sainte nuit
11) Edith Piaf - Le Noël de la Rue
12) Georges Brassens - Le Père Noël et la petite fille
13) Mahalia Jackson - I Believe
14) Nat King Cole - Adeste Fideles
15) The Drifters - The Christmas Song
16) Chuck Berry - Run Rudolph Run
17) Rita Pavone - Bianco Natale
18) Renato Carosone - Mo' vene Natale
19) Johnny Cash - Little Drummer Boy
20) Fats Domino - Jingle Bells
21) Fats Domino - Frosty The Snowman
22) Ray Charles - Christmas Time
23) The Beach Boys - Merry Christmas, Baby
24) Aretha Franklin - Winter Wonderland
25) The Brian Setzer Orchestra - Jingle Bells
26) The Brian Setzer Orchestra - Baby, It's Cold Outside (Duet with Ann-Margret)
27) Canned Heat - Christmas Blues
28) George Thorogood - Rock and Roll Christmas
29) Ginette Reno - Au Petit Trot
30) Charles Trenet - La plus belle nuit
31) The Temptations - Silent Night
32) James Brown - Funky Christmas
33) The Ramones - Merry Christmas (I Don't Want To Fight Tonight)

sabato 22 dicembre 2007

La Strana Società e gli Hot Butter si contendono il sacchetto del Pop Corn...



... Potevo non scordarmi dell'articolo menzionato nel mio ultimo post? L'anonimo recensore del settimanale "Pop" (oggi "scoppietta" tutto...) si sbilancia senza riserve a favore della "Strana Società". Io sono più cauto, anche perché i sintetizzatori digitali - a parte rarissime eccezioni (vedi Wendy Carlos) - non mi entusiasmano...

Fonte: "Pop", 25 settembre 1972

Salati, al burro o caramellati, l'importante è che siano Popcorn...





No, stanotte non ho fatto alcun sogno. Non dovrò quindi ricorrere a Freud e alla psicanalisi per questo post. Tuttavia, non avendo aggiornato il blog per qualche giorno, ogni volta che apro la pagina mi si parano innanzi le patatine fritte che mi hanno fatto visita alcune notti or sono, e il mio pensiero, per associazione d'idee, vola immantinente al popcorn. Sarà una crisi d'astinenza da colesterolo cattivo, visto che da due mesi mi cibo prevalentemente di pasta integrale al pomodoro e cavoletti di Bruxelles. O forse, più semplicemente, perché ho scovato una recensione musicale dedicata alla "Strana Società" nello stesso numero del settimanale utilizzato per il post su Elvis. Sia come sia, dopo la patata, è d'uopo rendere omaggio anche al compagno di tante festicciole adolescenziali di compleanno e di tante serate al cinema (non poi tante, a dire il vero, ma è meglio non sfatare un luogo comune). Ecco, dunque, il celebre pezzo che nel 1969 uscì "scoppiettando" in una manciata di secondi dalla testa di Gershon Kingsley, compositore americano di origini tedesche, ma che fu portato al successo internazionale dagli Hot Butter nel 1972 (formazione in cui militava peraltro anche un ex collaboratore dello stesso Kingsley, Stan Free, già session-man per Paul Simon e Peggy Lee). La scatola di granturco aperta da Kingsley, "pioniere dei sintetizzatori digitali" - primato, a mio avviso, alquanto infausto - si rovesciò su tutto il globo terraqueo, dando vita ad un'infinità di cover, il più delle volte irriconoscibili le une dalle altre, come, appunto, i chicchi di mais scaldati in padella e soffiati. Da noi, si assunsero il compito di "cuochi" quelli della "Strana Società", band torinese di cui facevano parte Valerio Liboni, storico batterista dei Nuovi Angeli, e Umberto Tozzi, rimasto in seno al gruppo sino al 1976, il tempo di partecipare a un "Disco per l'Estate", un "Festivalbar" e un'edizione del "Festival di Sanremo". La loro versione di "Pop Corn" vendette ben cinque milioni di copie e troneggiò in cima alla Hit-Parade per 14 settimane. Ma l'orecchiabile motivetto, accompagnato o meno da un testo, sbancò anche le classifiche nel resto del mondo; ragion per cui è impresa assai ardua dar conto di tutte le versioni incise in questi decenni (ebbene sì, anche nel 2007 sono schioccati diversi granelli del "cereale musicato"). Tra i tanti musicisti cimentatisi col pezzo, ricorderemo Antoine, che lo cantò in francese, italiano e tedesco, Anarchic System, Rod Hunter, Fresh Cream, Jean-Michel Jarre (!!!), The Treble Spankers, e Phantomas. Chi avvertisse un'urgente smania di completezza, può visitare il sito www.popcorn-song.com, interamente dedicato al brano di Kingsley. Oltre alle news costantemente aggiornate, ai link(s), ai testi e ad altre simili amenità, potrà ascoltare l'allegro scoppiettio di "Popcorn" in più di cento versioni differenti (si tratta di estratti, "sfortunatamente")...

Tracklist

01) Gershon Kingsley - Pop Corn (dall'album "Music to Moog By" del '69)
02) Hot Butter - Pop Corn
03) La strana società - Pop Corn (45 - Fonit SPF 31299 - 1972)
04) Antoine - Pop Corn (versione francese)
05) Antoine - Pop Corn (versione tedesca - estratto - LQ)
06) Jean-Michel Jarre - Popcorn
07) Shadowy Men on Shadowy Planet - Popcorn
08) The Treble Spankers - Popcorn (eccellente versione surf con venature western)

domenica 16 dicembre 2007

Elvis "cornuto" - "Reato di lesa maestà"



Come anticipato al Vampiro, ecco l'articolo scandalistico su Re Elvis, tratto dal n° 39 del settimanale "Pop" (25 settembre 1972)...

La classe operaia va in Paradiso - Original Soundtrack



Terza collaborazione del Maestro con Elio Petri, dopo "Un tranquillo posto di campagna" - che, non a torto, il musicista ha più volte citato tra le sue opere preferite - e "Indagine su un cittadino", e prima di "La proprietà non è più un furto". Ennio Morricone entra in fabbrica e, grazie ad una marcia ossessiva, suggerisce la straniante ripetitività del lavoro ("per il quale - ha affermato il compositore - ho utilizzato uno strumento elettronico che imitava la pressa"), evoca sentimenti di alienazione, insofferenza e malessere, e cattura sullo spartito il lato più drammatico della vita di un operaio, cioè il rapporto del tempo esistenziale con quello produttivo. In alcuni brani, come la title-track, affiorano notevoli reminiscenze della colonna sonora di "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto", scrittà, però, soltanto l'anno precedente. Aderentemente martellante...

venerdì 14 dicembre 2007

Il Paradiso DEVE attendere



È raro che io guardi la televisione. Ed è ancor più raro che guardi trasmissioni come "AnnoZero", condotte da personaggi a dir poco faziosi come Santoro. Questa sera, tuttavia, la puntata del programma di Rai Due era dedicata al tragico incidente avvenuto la scorsa settimana nell'acciaieria ThyssenKrupp, alle "morti bianche", ed alla sicurezza negli ambienti di lavoro. Per due ore non sono riuscito a staccare gli occhi dallo schermo perché, per una volta, le telecamere non hanno potuto fagocitare i protagonisti del dramma trattato, trasformandolo in "spettacolo". Questa volta no, il "circo mediatico" non è riuscito a stendere il proprio incombente tendone, a guisa di sudario, sulle teste delle vittime. All'opera di sciacallaggio, in questo caso, ha gia provveduto la succitata multinazionale tedesca, che a settembre ha chiuso l’esercizio fiscale dell'anno 2006/2007 con un utile pari a 3 miliardi e 333 milioni di euro, ma che per i suoi "schiavi" di Torino, soprattutto in questi ultimi tempi (siamo in fase di smantellamento... dunque chissenefrega di 160 "derelitti"...), non ha potuto "permettersi" non dico turni di lavoro umani e buste-paga eque, bensì estintori funzionanti e semplici guanti antiinfortunistici. A ricordarlo, in collegamento dalla città sabauda, c'erano i compagni dei quattro operai morti, Antonio Schiavone di 36 anni, Roberto Scola di 34, Angelo Laurino di 43 e Bruno Santino di 26. A vederli - provati dai recenti accadimenti, stremati da questo luttuoso e interminabile giorno in cui hanno dovuto portare in spalla le bare dei colleghi, infagottati nei loro maglioni e nei loro eschimi, uniti e compatti a ridosso di un muro scrostato per testimoniare il proprio dolore e la propria rabbia - pareva di essere tornati trenta e passa anni indietro, ai tempi delle lotte operaie descritte da Elio Petri in un suo celebre film. Ci hanno pensato questi ragazzi - costretti, quasi sempre loro malgrado, ad enormi sacrifici e rinunce, schiacciati dalla logica del profitto, e per di più esposti a gravi e continui pericoli - a ricordarci che i temi di una "vecchia" pellicola come "La classe operaia va in Paradiso" (1971) sono più che mai attuali. Lo hanno fatto usando parole semplici e dirette, ma piene di coraggio e dignità (queste ultime sì, qualità ormai rare ed "anacronistiche"). Ma lo ha fatto anche l'Arcivescovo di Torino Severino Poletto - ex prete-operaio - durante l'omelia dei funerali da lui officiati stamane: "Ci nascono spontanee delle domande nel cuore: negligenza, mancanza di sicurezza, eccessiva ricerca di profitto senza dovute garanzie per la sicurezza e la salute dei lavoratori? Non tocca a me rispondere ma a quanti hanno responsabilità specifiche", ha detto il prelato. Già, tra la partecipazione ad un irrinunciabile evento mondano e l'acquisto di un inestimabile dipinto, rispondano a queste domande i "nobili" Thyssen-Bornemisza! Forse, però - dopo essersi arricchita con le forniture militari durante la Grande Guerra e quindi durante il nazismo, l’aristocratica casata non darà grande peso ai nostri quattro operai, considerando le loro morti "fisiologiche"...

"Capisco i colleghi di quei lavoratori... So cosa si prova: quando appoggi la mano sulla bara, il legno diventa pelle..." (Sorella di una vittima del lavoro intervenuta ad "AnnoZero")

giovedì 13 dicembre 2007

I Had a Dream ovvero Fried Spaghettis



Ieri notte - ma meglio sarebbe dire questa mattina, visto che mi sono addormentato verso le 4.30 - ho fatto un sogno. Nella maggior parte dei casi è estremamente difficoltoso mettere per iscritto un episodio onirico. Quando ci si risveglia, infatti, la stoffa di cui son fatti i sogni risulta molto più sgualcita di quella delle lenzuola. Ad ogni modo, cercherò di dare ordine al caos della mia recente attività inconscia. Anzitutto, il "filmino" proiettatto sulle mie palpebre chiuse era a colori. Mi trovavo in un fast-food londinese assieme alla "mia" ragazza. Desumo si trattasse della capitale britannica soltanto perché interloquivo con gli addetti del punto di ristoro-rapido in inglese. A posteriori, però, mi rendo conto che si sarebbe potuto trattare di una qualsiasi altra metropoli europea. Del resto, non sono sicuro neppure dell'identità della mia fantasmatica compagna, una combinazione di tratti fisionomici e caratteriali di due ex-fidanzate reali. La mia biondina cogli occhi azzurri aveva tanta fame e poca risolutezza, tanto che le è occorso parecchio tempo per vagliare le quattro vivande precotte del locale, rallentando così la coda per il bancone delle ordinazioni e facendomi spazientire. Alla fine, a dispetto del suo notevole appetito e non potendo procrastinare ulteriormente la sua decisione, non ha scelto un menu completo, ma ha optato per un comunissimo piatto di "Fries" e per la "specialità della casa", gli spaghetti fritti. "Per adesso - sembrava volermi comunicare sprezzante - mi accontento di questi. Quando sarò più sicura, potrai sempre rifare la fila". Che dovevo fare? Assecondarla, ovviamente... Il giovane inserviente del fast-food - dotato dell'immancabile e buffo cappellino con la visiera, in netto contrasto con la sua compostezza ed il suo aplomb tipicamente "British" - ha raccolto la mia commessa e, da bravo impiegato, ha gentilmente insistito perché assaggiassi "in anteprima" gli spaghetti, elogiandone l' "originalità" e la sapidità. Il loro aspetto era identico a quello delle patatine, il gusto stomachevole e ributtante (niente a che vedere con l'ottima "pasta scarfata" alla napoletana). Nauseato dalla bestialità di proporre a me - italiano - quei luridi spaghetti bruciacchiati, stavo giusto per mandare a quel paese il giovanotto, quando lui, ancor più compito e servizievole di prima, mi ha domandato: "E per lei, Signore?". Di fronte a tanto garbo, non solo ho desistito dal mio originario intento di "sputargli" in faccia spaghetti e rimostranze, ma l'ho persino ringraziato. Quindi, giocando al rialzo in termini di educazione e savoir-faire, gli ho detto: "Prenderei un piatto di lasagne, se non è troppo disturbo". "Ma si figuri, Signore, Lei non arreca alcun disturbo... Due minuti e le sue lasagne saranno cotte", ha ribattuto pronto lui. Quanta affettazione per nulla! E dire che già mi veniva da rigettare al terrificante pensiero della bisunta besciamella anglosassone. "Beh, vede - ho aggiunto io, indicando una sorta di avveneristico scaldavivande - mi sembra che l'apparecchio non sia in funzione. Sì, insomma, I thought it would have been a pro-test... cioè, scusi, intendevo dire a pro-blem..." "Non si preoccupi, Signore, siamo qui per servirLa... l'accendo subito", ha replicato scaltro e solerte l'inserviente. Mi ero fregato con le mie stesse mani. Ormai non mi restava che mettere il cuore in pace e lo stomaco in guardia... Durante la rassegnata attesa, però, mi è cascato addosso tra capo e collo un ben più grave motivo di insoddisfazione. Infatti, al tavolo della mia fidanzata si era nel frattempo seduto un ragazzo pakistano (!), il quale, favorito e incoraggiato dalla medesima, la corteggiava spudoratamente e continuava a mangiare a sbafo tutte le sue patatine fritte... Porca troia! Mi sono voltato un attimo e quella sgualdrinella ha tentato di gabbarmi alle spalle! In quanto al pakistano, mi auguro vivamente che le patate gli abbiano ostruito il gargarozzo e gli siano andate di traverso...

Per una possibile interpretazione del sogno rinvio me stesso all'arcinota opera di Freud "Psicopatologia della vita quotidiana - Dimenticanze, lapsus, sbadataggini, superstizioni ed errori" (in particolar modo per l'involontario ma significativo errore "pro-blem/pro-test").
Per un esegesi terra terra, invece, ecco qualche rapida considerazione:
1) La mia ex-fidanzata era francese, e in Inghilterra le patate fritte a bastoncino vengono chiamate "French Fries".
2) Tra le infinite denominazioni dialettali, colloquiali, familiari o, semplicemente, volgari che indicano l'organo genitale femminile, una delle più usate è appunto "patata" o "patatina" (vedi la spassosa pubblicità interpretata da Rocco Siffredi per la marca "Amica Chips" nel 2006).
3) Non credo di partorire sogni xenofobi. Dunque, immagino che la nazionalità dello spasimante straniero sia da imputare alla somiglianza fonetica tra il "paki" (o "pachi") di "pakistano" e la parola "pacchia" (lo "stronzo" mangia "a uffa" e concupisce senza difficoltà la mia ex... circostanze oltremodo piacevoli e fortunate!).
4) Nel sogno è ricorrente il motivo del tradimento attuato in modo particolarmente subdolo e viscido (gli spaghetti, spacciati per "originali", sono un pallido simulacro delle vere patate, e oltretutto si rivelano disgustosi; le lusinghe tese a distrarre; l'untuosa besciamella, ecc...).

Morale: "Moglie e buoi dei paesi tuoi"...

Song: Morphine - French Fries W. Pepper (from the album "Like Swimming")

ROCCO SIFFREDI in "AMICA CHIPS"

mercoledì 12 dicembre 2007

The Brian Setzer Orchestra: A Red Hot Christmas (Part One)

Da qualche anno in qua, verso gli inizi di Dicembre, Brian Setzer "tinge" la sua bionda cresta di rosso e si trasforma in un vero "Babbobilly Natale"... E allora "Sleigh Ride"!!!


Rockabilly Riot, Vol. 1: A Tribute To Sun Records


Una vecchia recensione del Corbaccio (Ottobre 2005) per un disco "evergreen"...

Negli anni ’80, con i suoi Stray Cats, Brian Setzer è stato il sacerdote indiscusso del rockabilly revival, rievocando lo spirito ribelle di Eddie Cochran e Gene Vincent, i primi rocker “maledetti”. Negli anni ’90, invece, il cantante e chitarrista newyorchese ha assemblato un’orchestra di ben 17 elementi, con l’ambizioso intento di rinverdire i fasti dello swing. Un’operazione riuscita, in cui tuttavia l’ex frontman dei “Cats” sembrava aver perso un po’ del suo piglio selvatico. Ma per fortuna, con l’inizio del nuovo millennio, Setzer è tornato all’amato rock dei primordi e alla classica formula chitarra-basso-batteria, sfornando due album di grande impatto, “Ignition” (2001) e “Nitro Burnin’ Funny Daddy” (2003), e dimostrando che un vero “gatto randagio” non può essere addomesticato. Ed è con una graffiante zampata felina che Setzer ha inciso i solchi di "Rockabilly Riot, Vol. 1", un doveroso tributo alla Sun Records di Sam Phillips, ovvero la leggendaria etichetta che più d’ogni altra contribuì alla diffusione del rock‘n’roll, e che tra i suoi artisti annoverò Elvis Presley, Carl Perkins, Jerry Lee Lewis e Johnny Cash. Non è la prima volta che Brian realizza un disco di sole cover: al 1993 risale infatti lo strepitoso “Original Cool”. In quell’occasione, però, i brani selezionati erano tutti inconfutabili classici. Invece, i 23 pezzi di quest’album – ad eccezione di “Get Rhythm”, “Blue Suede Shoes”, “Real Wild Child” e pochi altri – sono meno noti, in alcuni casi semisconosciuti come “Red Cadillac and a Black Moustache”, in altri addirittura inediti, come “Peroxide Blonde in a Hopped Up Model Ford” di Gene Simmons, il cui master era stato in parte cancellato. Nell’accostarsi al materiale, Setzer ha coniugato l’esuberante trasporto del fan alla perizia del filologo (si è avvalso della collaborazione dei Jordanaires, il mitico gruppo vocale di Elvis, ha usato strumenti rigorosamente “vintage”, ed ha persino ricreato il caratteristico sound infarcito di eco della Sun con una vecchia cisterna d’acqua). Il risultato è un disco “altamente infiammabile”, in cui spiccano i ritmi febbricitanti di “Red Hot” e “Flyin’ Saucer Rock and Roll” (entrambe del sottovalutato Billy Lee Riley), e lo scanzonato doo-wop di “Flatfoot Sam”. Felice dell’omaggio, il gallo di casa Sun è tornato a cantare. E voi che aspettate? Infilate le vostre scarpe scamosciate blu e buttatevi in pista! (M.G.)

martedì 11 dicembre 2007

Now it's time to leave the capsule if you dare...

Also sprach David Bowie - "Bizzarrie spazio-linguistiche"



(Artwork by Il Corbaccio)


Nonostante avesse già all'attivo un pregevole album omonimo e diversi singoli, David Bowie raggiunse la fama soltanto nell'autunno del 1969 grazie al pezzo folk-rock "Space Oddity". Il brano, scritto ed inciso l'anno precedente, trovò la sua confezione perfetta negli arrangiamenti sinfonico-psichedelici di Paul Buckmaster e la sua ideale collocazione storica nelle celebrazioni dell'allunaggio. Per questa ballata "fantascientifica", incentrata sulla figura immaginaria e melanconica del Maggiore Tom, perso nel cosmo, il cantante inglese trasse ispirazione dal film di Stanley Kubrick "2001: Odissea nello spazio", anche se la maggior parte dei critici ha evidenziato come il testo possa altresì rappresentare un'allegoria non tanto velata dell'uso di stupefacenti ("Take Your Protein Pills and Put Your Helmet On"...). Lo stesso Bowie, del resto, non fece niente per smentire questa interpretazione. Qualche anno più tardi, anzi, sembrò addirittura suffragarla con un verso della sua hit "Ashes to Ashes": "We Know Major Tom's a Junkie", dove il termine slang "Junkie" sta per eroinomane. Il piccolo "melodramma" spaziale dell'artista londinese, ormai entrato di diritto nella storia del rock, fu tradotto per il mercato italiano da Mogol col titolo "Ragazzo solo, ragazza sola" (una trasposizione a dir poco imbarazzante, che dell'originale conserva soltanto l'accenno al tema del "volo") e fu interpretato dal gruppo i Computers alias i fratelli Gabriele e Mario Balducci. Questa cover italiana, alla cui incisione si vocifera partecipò anche Lucio Battisti con la chitarra acustica, fu la prima registrazione in assoluto della mitica etichetta "Numero Uno", e nel '70 ottenne un considerevole successo, tanto che lo stesso Bowie la cantò nella nostra lingua. Di "Space Oddity" esiste anche un'altra cover italiana, "Corri, uomo, corri" dei Giganti (1970), decisamente meno riuscita di quella dei Computers. Con il nostro idioma, invece, il Duca Bianco si cimenterà di nuovo qualche anno più tardi, nel 1986, eseguendo la sempreverde "Volare" di Modugno per il film musicale "Absolute Beginners" di Julien Temple. In questa mini-compilation, oltre ai brani già citati, sono rispettivamente incluse la cover live di "Space Oddity" interpretata da Natalie Merchant, e quella realizzata dall'emergente cantautrice di Montpellier Émilie Simon per l'album-tributo "Bowiemania".
Da notare che anche Elvis Presley, al pari di Bowie, rimase affascinato dall' "Odissea" di Kubrick e dalla relativa colonna sonora, che conteneva l'introduzione di "Così parlò Zarathustra" ("Also sprach Zarathustra"), uno dei poemi sinfonici più noti di Richard Strauss. Per tutti gli anni '70, sino alla sua morte, il Re del Rock volle utilizzare il brano come "opening track" dei suoi titanici show.

Tracklist:

01) David Bowie - Space Oddity (Original Version - The Deram Anthology)
02) David Bowie - Space Oddity
03) Computers - Ragazzo solo, ragazza sola (Space Oddity - Italian Version)
04) David Bowie - Ragazzo solo, ragazza sola (Space Oddity)
05) I Giganti - Corri, uomo, corri (Space Oddity - Italian Version)
06) Natalie Merchant - Space Oddity
07) Émilie Simon - Space Oddity
08) David Bowie - Volare
09) Bonus Track: David Bowie - Heroes (French Version)
10) Bonus Track: David Bowie - Helden (Heroes - German Version)
11) Bonus Track: Elvis Presley - Live In Dallas - June 6 & 7, 1975 - Also Sprach Zarathustra-See See Rider

mercoledì 5 dicembre 2007

Scatena le platee la musica satanica dei Doors


"Il nostro sport preferito è ora quello di farci arrestare dalla polizia"... "L'ultimo successo è un motivo che dura 11 minuti e si chiama The End: una lunga poesia, spesso indecifrabile, su un uomo che uccide il padre e fa all'amore con la madre"...
Da "Panorama" del 27 giugno 1968 (leggi articolo)

The Doors - Backstage and Dangerous: The Private Rehearsal - Mystery Train/Crossroads + Elvis Presley - Live in Dallas - June 6 & 7, 1975 - 21 - Medley - Mystery Train/Tiger Man

Nino Ferrer canta en español ("Side B")



Nino Ferrer canta "Mao et Moa" ("Mao-Mao") en español

Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa...


"Embé?!? Nun sarà il massimo dell'originalità, ma c'aveva poprio ragione" Trilussa... La scorsa domenica, ad uno dei tanti mercatini regionali nei quali mi reco con discreta regolarità da qualche tempo a questa parte, mi si è riempito il cuore di letizia quando ho potuto acquistare una decina di vecchi numeri di "Panorama" (perlopiù degli anni sessanta) ad una cifra davvero irrisoria. Qualcuno potrebbe contestarmi che sono ad un passo dalla bancarotta delle emozioni, se riesco a trarre gratificazione e sollazzo dalle pagine impolverate di un vetusto mensile (il periodico in questione diventò settimanale soltanto nel 1967). Ma osservate attentamente lo splendido scatto qui sopra, realizzato dall'obiettivo di Carlo Bavagnoli per un articolo su Trastevere (settembre 1963, n° 12). Da solo, vale la mia già modestissima spesa. Per non parlare, poi, dei meravigliosi articoli che sto scannerizzando per il blog, e che condividerò pian piano con chi avrà la bontà di seguirmi. A dar una rapida sfogliata a questi giornali, inoltre, si evince quanto sia progressivamente scaduta l'editoria italiana (d'accordo, per questo non occorreva certo alzarsi alle prime luci dell'alba, girovagare sotto i freddi e nebbiosi portici di un paesino emiliano, e salvare dalle fiamme di un camino un "cumulo di carta straccia"). Grandi firme, magnifici servizi illustrati, reportage realizzati con tutti i sacri crismi, pubblicità ridotta all'osso: era una ricetta semplice... una "piccola cosa", appunto, quella che rendeva piacevole la sosta all'edicola. Oggi compri tomi pesanti come elenchi del telefono, dalle vesti grafiche sfavillanti come fuochi fatui, e muniti di almeno tre inutilissimi allegati. Poi arrivi a casa, ti siedi comodamente in poltrona pregustando il piacere di una lettura benefica e fruttuosa, e prima di esser riuscito a scovare un pezzo interessante, hai già memorizzato, senza rendertene conto, una cinquantina di nuove griffe...

P.S. Chissà se il piccolo "trasteverino" del succitato articolo leggerà mai questo post e mi contatterà! Mi auguro che le vicissitudini della vita gli abbiano risparmiato quell'innocente, spensierato e contagioso sorriso...

martedì 4 dicembre 2007

Nino Ferrer canta en español ("Side A")



Nino Ferrer canta "Agata" en español

Agata, guarda! Stupisci! Come hai ridotto due Nini per te!




La televisione non tardò ad accorgersi di un bianco dai capelli biondi che, dai versi di una canzone rivoluzionaria per testo e musica, chiedeva a Wilson Pickett e James Brown dove trovavano la loro voce, intonando al contempo una "prece" a squarciagola in chiave R&B per avere "La pelle nera". Fu così che il programma "Settevoci" condotto da Pippo Baudo, oltre ad ospitare Nino Ferrer in numerose puntate, utilizzò come sigla la sua "Donna Rosa", scritta, tra gli altri, dallo stesso Baudo. In "Io, Agata e tu", celebre varietà del sabato sera presentato dalla Carrà, il cantante italo-francese ripropose invece "Agata", un vecchio brano del repertorio macchiettistico napoletano, datato 1934 e targato "Cioffi-Pisano" (Giuseppe Cioffi e Gigi Pisano, autori di fortunatissime "canzonette" come "Dove sta Zazà" e "Ciccio Formaggio"). Grazie alla nuova interpretazione di Ferrer, il pezzo, che era stato anche un cavallo di battaglia del grande Nino Taranto, riscosse un successo sbalorditivo: 450.000 copie di dischi venduti in Italia e oltre 200.000 in Francia. Nel video, purtroppo di non eccelsa qualità, i due "Nini" si "fronteggiano" in una spassosa esecuzione del brano, improvvisando passi di tango e disperandosi per quella "malafemmena" fedifraga, ingrata e bugiarda che è la donna del titolo...

http://www.youtube.com/watch?v=VByv0PS0eLk

sabato 1 dicembre 2007

LA (SVETTANTE) COLONNA SONORA DI "GOLA PROFONDA"



Era il giugno del 1972 quando, in un cinema di Times Square a New York, usciva "Gola profonda" ("Deep Throat") di Gerard Damiano. Malgrado fosse bollato da una tripla X e si reggesse su una trama esilissima, grazie alla specialità della compianta Linda Lovelace (imparata, si dice, sotto ipnosi) e al taglio comico-demenziale, il film ottenne un enorme successo (costato 25.000 dollari ne incassò più di 6 milioni), e fu il primo hard della storia ad essere proiettato nei circuiti di prima visione, lanciando il fenomeno del "porno chic", un tipo di film a luci rosse che intellettuali e coppie sposate non si vergognavano di andare a vedere. Assieme all'immensa popolarità, però, non tardarono ad arrivare anche i guai giudiziari. Miriadi di cause furono intentate contro il film, che fu tagliato, censurato e sequestrato (e che è tuttora proibito in diversi stati americani). Stessa sorte toccò anche alla relativa colonna sonora, scomparsa dal mercato per anni e trasformatasi di conseguenza in un vero e proprio oggetto da collezione. Uscita per la prima volta nel '72, parallelamente al film, fu ristampata in pochissime copie dalla "Sandy Hook Records" dieci anni più tardi (un'edizione rarissima che vale oltre 120 dollari). Nel 2005, per la gioia dei cinefili erotomani, l'encomiabile etichetta "Light In The Attic" ne ha approntato invece un'edizione deluxe (2 CD, "Deep Throat Anthology, Parts I & II", corredati di foto, note e quant'altro), rimasterizzata ed arricchita da un'ampia sezioni di dialoghi tratti dalla pellicola, che non lasciano spazio all'immaginazione e che basterebbero da soli a far confinare l'album nell' "inferno" di qualsiasi discoteca.
La soundtrack, una "delirante" miscela di porno-funk, easy-listening, esasperati e distorti riff di chitarra, virtuosistici assoli d'organo elettrico, gemiti, sospiri e scampanii (quelli che sente Linda quando finalmente raggiunge l'orgasmo), conserva intatta tutta la sua originaria carica provocatoria e trasgressiva. Inoltre, considerando che all'epoca dell'uscita del film in sala l'FBI confiscò i master originali, la qualità del suono è eccellente. Tra i 20 pezzi dell'antologia, i cui compositori, come spesso accadeva per produzioni del genere, sono rimasti nell'anonimato, si segnalano l'inconfondibile "Driving With Linda", l'ipnotica e psichedelica "Love Is Strange", e l'allegramente enfatica (quasi "pomposa", direi) "Deep Throat To You All". Imperdibile per chi ama il sesso e le sonorità vintage. (M.G)


Sul sito della label "Light In The Attic" un mp3 gratuito, "Run Linda Run".


Da qualche imprecisato luogo della Grecia, invece, l'album completo (vedi commenti).

venerdì 30 novembre 2007

Z'avez pas vu Ferrer ?


(Artwork by Il Corbaccio)

Il 1970 segna un punto di svolta nella carriera di Nino Ferrer. Dopo il trionfale biennio 1968-1969, costellato di enormi successi a 45 giri, il cantautore italo-francese decide improvvisamente di rientrare a Parigi, allontanandosi dal music-business (inciderà comunque una decina di dischi tra l'anno in questione e il 1993, prima nella Ville Lumière, quindi nel suo "buen retiro" di Montcuq). "Rats and Rolls", oltre ad essere uno dei rari live di Ferrer, riflette questo cambiamento di rotta. Pur essendo ancora fortemente imbevuto delle sonorità rhythm and blues tanto care al cantante, costituisce anche il suo primo concept album, con qualche sterzata in direzione del rock psichedelico (si ascoltino, in proposito, brani come "Fratelli e così sia" o "Canapa indiana"). Registrato al Sistina di Roma il 5 ottobre, "Rats and Rolls" vede un Ferrer in gran spolvero: accompagnato dal trascinante organo di Giorgio Giombolini, Nino si presenta sul palco a petto nudo, con una giacca di pelle nera (non poteva certo essere di camoscio marrone... lol...), qualche collana in stile "Flower-Power" e la sua moto Guzzi. Tra i 10 pezzi del concerto, da segnalare "O mangi questa minestra o salti dalla finestra", che dal vivo acquista una dimensione ancor più dissacratoria; la nerboruta, esplosiva e soavemente lunga versione di "La pelle nera" - dove il Nostro sfodera davvero una voce à la "Signor King, Signor Charles, Signor Brown" -; e l'appassionata e struggente "Pour oublier qu'on s'est aimé". "Povero Cristo" è la versione nostrana di "La maison près de la fontaine", "Fratelli e così sia" di "Les enfants de la patrie", mentre "Canapa indiana" quella di "Cannabis". Purtroppo, di questo raro spettacolo sono riuscito a scovare online soltanto un esemplare monco (cliccare QUI), cui mancano i primi due titoli, "Reminiscenza" e "Fratelli e così sia". Qualcuno li "ha visti" per caso? Li sto cercando dappertutto...

mercoledì 28 novembre 2007

Porta davvero fortuna?

Oh, Coccinella, tu mi sembri la più bella (Message in a Black Bottle)...


Ciao, ma petite chérie,



domenica scorsa, nel tardo pomeriggio, ho fatto una passeggiata in centro. Il cielo era terso e l'aria pulita e frizzante. Condizioni climatiche rarissime qui a M., soprattutto in un mese bigio e lugubre come novembre. Un caffè, due chiacchiere con Maria Grazia, che mi ha accompagnato, e poi - irresistibilmente attratto dai grandi manifesti promozionali appiccicati alla vetrina - mi sono fiondato nella libreria di Corso Duomo. Erano settimane che non ci mettevo piede ma, nonostante il tempo trascorso, i volumi esposti sugli scaffali erano rimasti pressappoco gli stessi. Le consuete edizioni dozzinali di titoli che, pur "tirati dietro" per due lire, uno non si prenderebbe la briga non dico di leggere, bensì di reggere in una sportina di cellophane fino al ritorno a casa. Tuttavia, tra tanto spreco di carta, qualcosa di papabile e gustoso sono riuscito a scovarlo: "Storie di mummie", un'antologia dei migliori racconti e romanzi sull'argomento scritti dai maestri della narrativa fantastica. Essendo edito dalla "Newton" nella collana "I Mammut", il tomo non è certo pregiato (carta scadente e grafica dozzinale), ma le pagine di letteratura che contiene sono davvero rimarchevoli. Inoltre, tra i tanti titoli presenti, figura anche "Il romanzo della mummia" di Théophile Gautier, che stavo cercando da parecchio. Potevo forse non pensarti? La mia mente - proprio come farebbe un archeologo con la protagonista assoluta dell'antologia, custode misteriosa e silenziosa dei segreti del passato - ha tolto le bende ai ricordi ed ha osservato, con meraviglia e melanconia al contempo, i drammatici effetti della vanità dei sentimenti. Quanti mesi sono trascorsi dal nostro primissimo incontro? Mah! Fammi fare due conti. Non sono bravo a memorizzare date e ricorrenze particolari, nemmeno quelle che dovrebbero essere più significative per me. Era il febbraio dello scorso anno, di questo sono sicuro. Ma sono altre le cose che s'incidono con più vigore nei "solchi" del mio cervello, e che sovente ronzano imperterriti ed ossessivi come un vecchio disco pieno di polvere che si sia incantato sul grammofono. I tuoi occhi azzurri e vispi, ad esempio. La pelle candida e abbacinante del tuo volto. Le tue gote arrossate dal freddo vento di fine inverno. Le tue adolescenziali trecce bionde. La tua bizzarra ed inconsueta parlantina, difficilmente riscontrabile nelle tue coetanee di questa maledetta ed ipocrita città (e infatti, mi è occorso un buon quarto d'ora - in virtù della tua perfetta padronanza dell'italiano - per capire che eri straniera). La tua effervescente curiosità, unita ad una contagiosa socievolezza. La tua giacchetta di pelle "vintage", stretta ed aderente; i tuoi guanti di lana tagliati à la clochard, con tutti i colori dell'arcobaleno...
Ecco, avrei dovuto scattarti la foto per il giornale così come mi ti sei parata innanzi quella sera, e poi "fuggir" via di corsa, lasciando il campo al tanto vituperato cruccio delle "occasioni mancate". E invece no. Già conquistato a mia insaputa, ho acceso una candela di speranza con la stessa leggerezza con la quale ci si accende una sigaretta, scatenando quell'incendio incontrollabile che mi spinge tuttora - dopo estasi, deliqui, esaltazioni, liti, furori, pentimenti e riconciliazioni - a scriverti in forma anonima dalle pagine virtuali di un blog. Ebbene sì, pur autocensurandomi, non rinuncio ad inviarti questo messaggio "nero e criptato", e per di più senza firma. Me lo consentono la moderna tecnologia e quel poco di pratica del linguaggio HTML che ho acquisito grazie alla frequentazione di Internet. In altri tempi, come puoi constatare dal titolo che ho dato a questo "post", avrei verosimilmente affidato i miei pensieri ad una bottiglia. Ma le probabilità che essi giungano al legittimo destinatario sono praticamente le stesse, forse addirittura inferiori. E questo nonostante i vari link, tag, motori di ricerca, parole-chiave, e via discorrendo. Siamo sul Web, no? Una tela che si va allargando ed intricando a dismisura di giorno in giorno...
Forse, codesto collegamento ipertestuale sarà già scomparso tra poche settimane, perché non avrò avuto la pazienza di aggiornare il blog, o lo avrò chiuso con un semplice click del mouse... Fosse altrettanto semplice riattizzare i carboni di un Amore apparentemente sopito! (Ancora mi illudo che tu mi abbia amato realmente: sono proprio uno stolto pervicace!)...
Magari, adesso avrai già un altro fidanzato col quale amoreggiare sotto il ponte Mirabeau... Pazienza! L'anno scorso ho fatto il possibile e l'impossibile per riabbracciarti. Ci sono riuscito con fiumi d'inchiostro e di lacrime. Oggi i tempi son cambiati... E non si tratta di una questione d'orgoglio, che ho già forzato e calpestato in più d'una occasione. Molto semplicemente, non potrei più permettermi un'ennesima deriva sentimentale...
Comunque, mancano soltanto due giorni al tuo 24mo compleanno, e a dispetto della mia succitata idiosincrasia per le ricorrenze, ho pensato bene di dedicarti una canzone allegra e spensierata, per ricordarmi di te nel migliore dei modi possibile e lasciarmi alle spalle, come immondizia trascinata dalle correnti di un fiume, tutto il male che ho patito...
So che l'immagine potrà apparirti un po' fosca ed inquietante, quasi da grand-guignol ottocentesco, ma questo è il mio modo di "mummificarti"...



Allora, Bon Anniversaire, Amore mio Ideale!



Keywords: "Chloé Gautier", Bagneux, 92220, Île-de-France, Paris, Cora, Apollinaire, Pont Mirabeau, Amour F(o)u, Je t'aime moi non plus


Le Pont Mirabeau

(Qui interpretata da un lettore d'eccezione)

Sous le pont Mirabeau coule la Seine / Et nos amours / Faut-il qu'il m'en souvienne / La joie venait toujours après la peine


Vienne la nuit sonne l'heure / Les jours s'en vont je demeure

Les mains dans les mains restons face à face / Tandis que sous / Le pont de nos bras passe / Des éternels regards l'onde si lasse

Vienne la nuit sonne l'heure / Les jours s'en vont je demeure

L'amour s'en va comme cette eau courante / L'amour s'en va / Comme la vie est lente / Et comme l'Espérance est violente

Vienne la nuit sonne l'heure / Les jours s'en vont je demeure

Passent les jours et passent les semaines / Ni temps passé / Ni les amours reviennent / Sous le pont Mirabeau coule la Seine

Vienne la nuit sonne l'heure / Les jours s'en vont je demeure

martedì 27 novembre 2007

Alleluja-ya!!! Casco o aureola d'oro?


Qualche sera fa, grazie allo strepitoso blog del Vampiro Verdier(http://cverdier.blogspot.com/), ho scoperto che Caterina Caselli esordì al Cantagiro del 1965 con una cover degli Them di Van Morrison, Baby, Please Don't Go. Nonostante l'innovativa proposta musicale (o forse proprio a causa d'essa), la cantante sassolese, accompagnata dal suo gruppo Gli Amici, non vinse nemmeno una tappa. Ecco il testo della versione italiana del brano, intitolato Sono qui con voi:




Sono qui con voi, alleluja-ya

sono qui con voi

che felicità

io sono qui con voi, alleluja-ya

Siete qui con me, alleluja-ya

siete qui con me, tutti amici qui

cantate insieme a me alleluja-ya

Siamo amici noi, alleluja-ya

siamo amici noi

tutto il mondo lo sa

cos'è la gioventù, alleluja-ya


Siete qui con me, alleluja-ya

siete qui con me,

tutti amici qui

cantate assieme a me, alleluja-ya

Siamo amici noi, alleluja-ya

siamo amici noi

tutto il mondo lo sa

cos'è la gioventù, alleluja-ya


Se qualcuno c'è

che non canta con noi

per i fatti suoi

può anche andar


Sono qui con voi, alleluja-ya

sono qui con voi che felicità

io sono qui con voi alleluja-ya

Siete qui con me, alleluja-ya

siete qui con me, tutti amici qui

cantate insieme a me alleluja-ya

RaveOnEttes, It's a crazy feeling...


Un gruppo il cui nome racchiude, al contempo, le Ronettes ed uno dei brani più trascinanti di Buddy Holly. Una "pupa" col caschetto d'oro e gli occhi azzurri che assomiglia alla Nico dei Velvet ed inforca la chitarra come Eddie Cochran... e che per di più indossa la gonna! Tre accordi e tre minuti per ogni pezzo. Un rock'n'roll fresco, veloce, immediato, spontaneo, deliziosamente grezzo... Simile, insomma, a quello delle origini. È un piacere, dunque, poter annunciare l'imminente ritorno sul mercato discografico degli "old-fashioned" Raveonettes, il duo danese formato da Sune Rose Wagner (chitarra, voce) e Sharin Foo (basso, voce). Il loro quarto album - dopo l'EP Whip It On, Chain Gang of Love e Pretty in Black - si intitola Lust Lust Lust, contiene 12 tracce ed è distribuito dalla casa indipendente londinese Fierce Panda Records. Ecco la tracklist completa del disco: Aly Walk With Me, Hallucinations, Lust, Dead Sound, Black Satin, Blush, Expelled From Love, You Want The Candy, Blitzed, Sad Transmission, With My Eyes Closed, The Beat Dies. I Temi conduttori dell'opera? La lascivia e i desideri proibiti...
Per ora, ecco il singolo Dead Sound (LEGALMENTE scaricabile), la recensione che scrissi in occasione dell'uscita di Pretty in Black, e le foto che scattai al concerto tenuto dalla band all'Estragon di Bologna, nel settembre del 2005.







Arrifamolo Enzo!

Enzo G. Castellari e Quentin Tarantino alla 61ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, pochi minuti prima della proiezione di Quel maledetto treno blindato, il film del regista nostrano, datato 1977, di cui "Mr. Pulp" si appresta a girare un remake sui generis (photo by Federico).
Per maggiori informazioni sul progetto: http://it.wikipedia.org/wiki/Inglorious_Bastards%20Inglorious

In DVD il nuovo film di Tarantino, Grindhouse - Death Proof, “tanto polverone per nulla”. NEMMENO “SAN QUINTINO DEI B-MOVIES” È A PROVA DI NOIA


Più che tarantiniano, Grindhouse A prova di morte, è un film “tarantolato”: convulso, frenetico e senza costrutto, gira a vuoto su se stesso come uno degli spettacolari ma vacui testacoda della Dodge Charger di Stuntman Mike (Kurt Russell), lo psicopatico assassino protagonista della pellicola. D’accordo, la fotografia è impeccabile, le otto ragazze cui dà la caccia il misogino “serial-car-killer” sono tutte – o quasi – dei succulenti “bocconcini” (vedi, soprattutto, la figlia d’arte Sydney Tamiia Poitier e Rose McGowan), Kurt Russell si cala con disinvoltura nei panni ammaccati e sfregiati dell’attempato stuntman. Il film vanta, inoltre, alcuni dei più avvincenti inseguimenti automobilistici mai visti al cinema. Eppure, alla fine dei conti, si ha la deludente sensazione di aver assistito ad un onanistico esercizio di stile. E non ci riferiamo, naturalmente, alla totale assenza di trama, ché questo non costituirebbe nemmeno un difetto (comunque, la storia è presto detta: diviso in due parti speculari, A prova di morte narra gli incontri-scontri che due gruppi di “girls” fanno, in tempi successivi e con esiti opposti, con la sadica controfigura Mike, che si trastulla a pedinare e coinvolgere in catastrofici incidenti giovani bellezze sfaccendate e preferibilmente disinibite). Non sono nemmeno la sterile autoreferenzialità e l’immancabile, oltranzistico citazionismo cinefilo ad irritare, anche se francamente ci chiediamo quanti tra i fan ventenni di "Quentin-King-Of-Pulp" colgano gli omaggi alla Nouvelle Vague e a Brigitte Bardot, a Sam Peckinpah e Russ Meyer, riconoscano tra le note della colonna sonora quelle di Bernard Herrmann o dei nostri Donaggio e Morricone, o si accorgano delle continue strizzate d’occhio (e che strizzate!) ai poliziotteschi italiani anni ’70 (quelli di Di Leo, Lenzi e Castellari in testa). O, addirittura, individuino l’insolitamente lungo e narcisistico cameo del regista stesso (rassegnati, Quentin, i tuoi tratti fisionomici non hanno ancora la popolarità e la forza iconografica di quelli di un Hitchcock!). No – dicevamo – ciò che urta davvero sono gli elefantiaci, ipertrofici ed estenuanti dialoghi, quegli stessi dialoghi che in passato hanno decretato gran parte del successo del cineasta (ricordate l’esegesi di Like a Virgin di Madonna ne Le jene o la logorrea del sicario filosofeggiante di Pulp Fiction?). Bene, qui, gli interminabili scambi di battute, oltre ad essere improntati al consueto “sex, drugs and rock ‘n’ roll”, sono anche sciattamente e stancamente ripresi, per lo più con la macchina da presa fissa e piazzata frontalmente su chi parla. Le “donne-prede” cianciano e chiocciano, beate e scurrili, senza posa (dubitiamo, tuttavia, che la prosa tarantiniana si attagli al reale gergo delle burine texane). Discettano di stupefacenti, armi, bolidi a quattro ruote, cazzi, serie TV, e stratagemmi per impalmare uomini facoltosi: una nausea, tanto che, quasi quasi, si smania per la successiva apparizione di Stuntman Mike. Alla faccia di una “vendetta in rosa” o del post-femminismo timidamente enunciato dal regista! Intanto, però, gli irriducibili fan di Quentin esultano per la sua netta sterzata verso il “delirio narrativo”, il sesso ed il feticismo (in special modo quello per i piedi). Finalmente il film con la F maiuscola! Estremo, radicale, “senza protezioni” o, per restare in tema, senza cintura di sicurezza. Ma quando mai? Prendiamo, ad esempio, la morbosa passione per i piedi femminili: già era opinabile la scelta di decantare, sia in Pulp Fiction che in Kill Bill, la “bellezza” di quelle due tavole da surf che Uma Thurman si ritrova al posto delle estremità in questione (parliamo con cognizione di causa, avendole potute osservare di persona da un metro di distanza). Ancor più discutibile il fatto che possa eccitare in alcun modo osservare il povero Kurt Russell “costretto” a leccare i piedi asimmetrici, disarmonici e verosimilmente sozzi di una dormiente sciacquetta stravaccata sul sedile posteriore di un’auto. Quanto all’erotismo, poi, la scena che dovrebbe risultare più sexy, quella della lap-dance di Vanessa Ferlito, è “arrapante” quanto un giro di valzer di due settantenni in una balera romagnola. Un’altra parola va spesa sugli sperticati elogi che certi critici nostrani tributano a Tarantino per la presunta cura maniacale e filologicamente corretta con cui ha saputo ricostruire certi “sapori e atmosfere” dei cosiddetti film di serie B, mediante salti nella pellicola, immagini graffiate e sfuocate, e asincronismo (grazie al cielo, Tarantino non è Ghezzi, ma per sua sfortuna non è nemmeno Pudovkin…). Ma come? Qui si cade nel grottesco! Non sono forse loro quegli stessi individui che s’inalberano e gridano allo scandalo se per il riversamento su DVD di una pellicola “imprescindibile” come La soldatessa alle grandi manovre non viene utilizzato un master ineccepibile? O se nell’edizione digitale de La signora gioca bene a scopa? manca un solo fotogramma delle poppe di Edwige Fenech (con tutto il rispetto per le venerabili mammelle dell’attrice)? Sarà inutile, allora, ricordare che negli anni ’60 e ’70, quando saltava un rullo o le immagini prendevano a traballare, la platea indirizzava immantinente urla e fischi alla volta del proiezionista. Ma tant’è, al cospetto del “Cine-maniaco” per eccellenza non si può che genuflettersi. Al riguardo, citeremo una scena patetica cui assistemmo, basiti ed increduli, in un’imprecisata sera del 2004 alla Mostra del Cinema di Venezia, quando Quentin era il padrino della rassegna Italian Kings of the B’s. Ebbene, con largo anticipo sull’inizio del film in programma (quasi un quarto d’ora), una dolce ragazzina imbarazzata e trepidante, raccolte tutte le sue forze, si avvicinò al regista americano per chiedergli un autografo. Probabilmente in vena di cazzeggio, o più verosimilmente deciso ad improvvisare un dialogo “cool” in stile Samuel L. Jackson, il Nostro la liquidò così: “Ehi! Tu sei religiosa? Voglio dire, vai in Chiesa? Beh, allora, se vai in Chiesa, sai che non si disturba una persona mentre prega. Bene, per me il cinema è esattamente come una chiesa, il mio personale luogo di culto. Quindi, in questo momento, per te io sono un fedele che recita le sue orazioni”. E bravo il novello “reverendo Quintino da Knoxville, Tennessee”! Decisamente più “para” che “cool”, deve aver smarrito la proverbiale ironia con cui era solito stemperare le esplosioni di violenza e gli spargimenti di sangue dei suoi film più celebri. Difatti, anche A prova di morte risulta un’operina molto più sgangherata e traballante che divertente: sembra quasi una gallina da batteria che, bocciata dal pubblico statunitense (un flop terribile), sia stata gonfiata a dismisura con estrogeni simil-vintage per arrivare in tempo sulla passerella di Cannes prima, e in tutta Europa poi. Eh già, perché la pellicola circolata sui nostri schermi è la versione rimpolpata della seconda parte di un film a due firme, uscito negli USA col titolo di Grindhouse (termine che indicava quei cinema di quarta visione nei quali si proiettavano i double-feature, due film al prezzo di uno). L’originale è composto, appunto, da A prova di morte (Death Proof ), da un lungometraggio di Robert Rodriguez (Planet Terror), e da una serie di “falsi” trailer. Estrapolato dal suo contesto originario, A prova di morte è un film pletorico, prolisso e ridondante, zeppo di rimandi oscuri e pedanti. Restano la bella colonna sonora, l’incipit al fulmicotone con una delle ragazze che corre a perdifiato con le mani strette sulla vagina per non pisciarsi addosso, e l’incisivo inseguimento finale. Anche opportunamente riveduto e corretto, comunque, A prova di morte non potrebbe costituire nient’altro che l’ottimo making of di un action-movie senza azione. Un po’ poco per quello che qualcuno ha definito il nuovo Godard. Allora, consigliamo a Tarantino di portare dal meccanico la sua Dodge Charger, che qui ha sgommato e grippato alzando tanto polverone per nulla, e di percorrere strade più fertili di quelle texane. Quentin, “arridacce” un film come Jackie Brown! (M.G.)

Il "fiammeggiante" blues della buonanotte

Scaricatelo pure tranquillamente! Sia dal link che dalla coscienza, intendo, giacché il brano in questione non è protetto da copyright. Quindi, per questa notte, lasciatevi tranquillamente cullare dalla CALDA voce di Robert Johnson. Per forza, potrebbe obiettarmi qualcuno, se è vero come si dice che il grande bluesman avrebbe stretto un patto col diavolo...

P.S. Il titolo del pezzo vi ricorda niente?

Chi ha visto Aldo?

Ai più, il nome di Aldo Lado dirà ben poco. Eppure, nell'arco di meno di un lustro, dal 1971 al '75, questo misconosciuto regista e sceneggiatore italiano - che neppure la tardiva riscoperta del cosiddetto "cinema di genere" dei Seventies è riuscito completamente a ripescare dall'oblio (persino "quei bravi ragazzi" di Nocturno non gli hanno dedicato un intero allegato!) - ha sfornato tre sublimi pellicole: La corta notte delle bambole di vetro, un thriller claustrofobico e satanico dal forte sottotesto politico; Chi l’ha vista morire?, un giallo psicologico fitto e "denso" come la nebbia che avvolge le calli veneziane in cui è ambientato; e L'ultimo treno della notte, sadico "revenge-movie" di gran lunga superiore a quello che viene unanimemente considerato il suo modello, ossia L'ultima casa a sinistra di Wes Craven (impagabili, in tal senso, le interpretazioni di Flavio Bucci e Franco Fabrizi). Anche se il nostro Aldo, già aiuto di Bernardo Bertolucci per Il conformista, ha da tempo abbandonato la mdp (ora è un "insospettabile" produttore esecutivo), i suoi tre succitati film sono facilmente reperibili sia in vhs che in dvd (quantunque occorra rivolgersi al mercato estero per il supporto digitale de L'ultimo treno della notte). Lo stesso dicasi per le relative colonne sonore, tutte composte dal Maestro Ennio Morricone. Qui vi offro un assaggio della Soundtrack di Chi l'ha vista morire?, pubblicata da una meritoria etichetta nostrana, che ha scovato, in ottime condizioni, il master stereofonico dell'album originale. Si tratta della "title-track", interpretata, come le altre 9 tracce dell'album, da un coro di voci bianche. Le canzoni - i cui testi sono in parte popolari, in parte scritti da Maria Travia, moglie e musa del compositore - sono eseguite con una strumentazione moderna (batteria, chitarra elettrica, tastiere), e la loro dolcezza è volutamente contrapposta alla violenza degli efferati delitti descritti nel film... Consiglio caldamente l'acquisto del disco...
Ah, a proposito, ecco la sinossi della pellicola: "Due bambine coi capelli rossi, a distanza di quattro anni l'una dall'altra, vengono ammazzate nel medesimo luogo da un serial-killer in abiti femminili. Il padre dell'ultima piccola vittima (interpretato dal peggior 007 mai apparso sugli schermi, l'australiano George Lazenby) riesce a scoprire l'assassino dopo che molti degli indiziati sono periti di morte violenta..." Di culto la partecipazione di un giovane Alessandro Haber nel ruolo di Padre James...