È raro che io guardi la televisione. Ed è ancor più raro che guardi trasmissioni come "AnnoZero", condotte da personaggi a dir poco faziosi come Santoro. Questa sera, tuttavia, la puntata del programma di Rai Due era dedicata al tragico incidente avvenuto la scorsa settimana nell'acciaieria ThyssenKrupp, alle "morti bianche", ed alla sicurezza negli ambienti di lavoro. Per due ore non sono riuscito a staccare gli occhi dallo schermo perché, per una volta, le telecamere non hanno potuto fagocitare i protagonisti del dramma trattato, trasformandolo in "spettacolo". Questa volta no, il "circo mediatico" non è riuscito a stendere il proprio incombente tendone, a guisa di sudario, sulle teste delle vittime. All'opera di sciacallaggio, in questo caso, ha gia provveduto la succitata multinazionale tedesca, che a settembre ha chiuso l’esercizio fiscale dell'anno 2006/2007 con un utile pari a 3 miliardi e 333 milioni di euro, ma che per i suoi "schiavi" di Torino, soprattutto in questi ultimi tempi (siamo in fase di smantellamento... dunque chissenefrega di 160 "derelitti"...), non ha potuto "permettersi" non dico turni di lavoro umani e buste-paga eque, bensì estintori funzionanti e semplici guanti antiinfortunistici. A ricordarlo, in collegamento dalla città sabauda, c'erano i compagni dei quattro operai morti, Antonio Schiavone di 36 anni, Roberto Scola di 34, Angelo Laurino di 43 e Bruno Santino di 26. A vederli - provati dai recenti accadimenti, stremati da questo luttuoso e interminabile giorno in cui hanno dovuto portare in spalla le bare dei colleghi, infagottati nei loro maglioni e nei loro eschimi, uniti e compatti a ridosso di un muro scrostato per testimoniare il proprio dolore e la propria rabbia - pareva di essere tornati trenta e passa anni indietro, ai tempi delle lotte operaie descritte da Elio Petri in un suo celebre film. Ci hanno pensato questi ragazzi - costretti, quasi sempre loro malgrado, ad enormi sacrifici e rinunce, schiacciati dalla logica del profitto, e per di più esposti a gravi e continui pericoli - a ricordarci che i temi di una "vecchia" pellicola come "La classe operaia va in Paradiso" (1971) sono più che mai attuali. Lo hanno fatto usando parole semplici e dirette, ma piene di coraggio e dignità (queste ultime sì, qualità ormai rare ed "anacronistiche"). Ma lo ha fatto anche l'Arcivescovo di Torino Severino Poletto - ex prete-operaio - durante l'omelia dei funerali da lui officiati stamane: "Ci nascono spontanee delle domande nel cuore: negligenza, mancanza di sicurezza, eccessiva ricerca di profitto senza dovute garanzie per la sicurezza e la salute dei lavoratori? Non tocca a me rispondere ma a quanti hanno responsabilità specifiche", ha detto il prelato. Già, tra la partecipazione ad un irrinunciabile evento mondano e l'acquisto di un inestimabile dipinto, rispondano a queste domande i "nobili" Thyssen-Bornemisza! Forse, però - dopo essersi arricchita con le forniture militari durante la Grande Guerra e quindi durante il nazismo, l’aristocratica casata non darà grande peso ai nostri quattro operai, considerando le loro morti "fisiologiche"...
"Capisco i colleghi di quei lavoratori... So cosa si prova: quando appoggi la mano sulla bara, il legno diventa pelle..." (Sorella di una vittima del lavoro intervenuta ad "AnnoZero")
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