domenica 9 novembre 2008

Ma come si può uccidere un bambino?







E se un giorno i bambini - da sempre i soggetti più vulnerabili alle guerre, ai massacri e alle carestie - decidessero di ribellarsi allo scellerato mondo degli adulti? Accadrà allora che le parti si invertano: alla follia distruttrice dei grandi subentrerà quella dei piccoli, tanto più violenta quanto meno gli adulti avranno il coraggio di alzare le mani sui ragazzi. Questa la premessa su cui poggia "Ma come si può uccidere un bambino?" dello spagnolo Narciso Ibáñez Serrador, un'ipotesi già collaudata dal cinema di fantascienza ne "Il villaggio dei dannati" di Wolf Rilla. Il film suppone che una giovane coppia di coniugi inglesi, Tom ed Evelyn, si rechino in vacanza ad Almanzora, un'isoletta immaginaria lontana poche miglia dalle coste iberiche. Qui appare chiaro sin dal primo momento che qualcosa non va: in giro non si trova un adulto a pagarlo oro, e frotte di ragazzini scorrazzano indisturbate per le strade con fare sospetto. I due sposi inglesi non tardano a scoprire che i "frugoletti" in pantaloni corti e gonnelline sono efferati assassini che, dopo aver allegramente trucidato i familiari (da brivido la rivisitazione del gioco della pentolaccia, col cadavere di un vecchio appeso a testa in giù), s'apprestano ad eliminare anche loro. La "covata malefica" - e in questo risiede la forza del film - si aggira furtiva per le stradine deserte e assolate del villaggio o si acquatta silenziosa nelle bianche casette tipiche della Spagna. Per creare suspense, come osservava acutamente Hitchcock, non occorrono grida improvvise o luoghi oscuri e tenebrosi (vedi "Intrigo internazionale"). Serrador ha imparato la lezione: gli bastano il trillo di un telefono, il lieve ondeggiare di una tenda, il sorriso ambiguo di una bimba. E il tutto sotto il Sole abbacinante del Mediterraneo. Dunque è doppiamente encomiabile la rinunzia al sensazionalismo e al grandguignol. Ottima la scelta degli interpreti Lewis Fiander e Prunella Ransome, sempre in parte. Unica nota stonata il prologo che, ricordando con immagini di repertorio i milioni di bambini uccisi dagli adulti durante i conflitti, tenta di giustificare la loro rivolta. Ma la morale è decisamente posticcia, tanto più che all'uscita del film Serrador scongiurò di non cercare metafore politiche nel film. (Il Corbaccio)

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