venerdì 23 maggio 2008

"Into the Wild", che la diritta via era smarrita...



Visto "Into the Wild" di Sean Penn: 2 ore e 18 minuti di lenta agonia. Perdonate lo stile telegrafico, ma mi adeguo alla filosofia spicciola del film. 2 ore e 18 minuti per scoprire una verità da "Bacio Perugina", e cioè che "La felicità è reale solo se viene condivisa". Penn ha "cannibalizzato" il tormento interiore di un ragazzo realmente esistito, Chris McCandless, stravolgendone il significato e tramutandolo arbitrariamente in un abominevole saggio nichilista. La storia di un volontario esilio dalla società dei consumi, dal "dio denaro", dalle convenzioni sociali - un guazzabuglio di luoghi comuni, ammantato da una "nobile" quanto superficiale infarinatura di letteratura (Tolstoj, Thoreau, Walden, ecc.) - si trasforma quindi in un esasperato e inconsapevole tentativo di "suicidio". Altro che annullamento del pernicioso Ego o acuto "bisogno d'interiorità"! Chris, conseguita la laurea a pieni voti, ripudia tutto e tutti, "oppressivi" genitori in testa, e si mette "On the road", prima senza una meta precisa, quindi con l'obiettivo della "grande sfida": quella di tovare se stesso vivendo lontano dal mondo, nella Natura "sconfinata" e incontaminata dell'Alaska, tra le sue lande selvagge... "Into the Wild", per l'appunto. Al suo "ideale" - ma si può davvero parlare di ideali, quando si ha a che fare con una persona che non ama e che ha in spregio la vita? -, il protagonista, che nel frattempo si è ribattezzato Alex Supertramp (il "Supervagabondo"), immola denaro, macchina e carriera ("Un'invenzione del XX secolo", dice: ah, ah, ah!), tutte le inutili sovrastrutture della "vita civile". Peccato che il ventenne in rivolta e in cammino nella sua nuova, inebriante nudità spirituale, si dimostri non meno perbenista dei tanto denigrati "papà e mammà": il Nostro, infatti, riceve il colpo più duro quando scopre di essere stato concepito al di fuori di un matrimonio legalmente riconosciuto (suo padre era già sposato), e rifiuta le avance della ragazzina hippy perché ha soltanto 16 anni... Alla faccia della sconfessione dei conformismi e delle ipocrisie borghesi! E pensare che molti scriteriati recensori hanno accostato la figura di Chris a quella di San Francesco. No, il viaggio di Alex nella "wilderness" americana, costellato da una ricca serie di incontri (con la coppia "scoppiata" e fuori tempo massimo di figli dei fiori, con lo scanzonato e ottimista agricoltore, con la giovane cantante folk, e con l'anziano signore), ha più il sapore di un capriccio adolescenziale, di una fuga bell'e buona - in cui non vi è quasi mai nulla di coraggioso -, che quello di una reale ricerca di spiritualità. Da noi, la storia di Chris McCandless avrebbe tutt'al più costituito lo spunto per una puntata di "Chi l'ha visto?". Nelle mani di un californiano saccente e cattedratico come Sean Penn, invece, ha assunto le sembianze di un rabbioso pamphlet anticapitalistico e anarchico (ma solo in apparenza). Nel film si bruciano dollari e documenti di identità, si stracciano carte di credito, si deplora il forsennato consumismo mediante risibili quadretti (il bambino grasso e la responsabile del fast-food), e si lanciano espliciti messaggi politici (contro Bush Sr.) - in parte condivisibili ma comunque indigesti. Il tutto in maniera dannatamente greve e senza il minimo "sense of humour" (è curioso che il fotogramma finale della pellicola, un autoscatto ritrovato nella macchina fotografica del vero McCandless, ritragga un ragazzo sereno e sorridente, e faccia quindi a pugni col resto del film). Nel dipingere gli States ed i suoi miti, Penn ha la stessa obiettività di un membro di Hezbollah intento a dar fuoco ad una bandiera a stelle e strisce. Eppure il suo stile piace... soprattutto ai critici... Noi, del suo film, salviamo soltanto alcune buone prove d'attori (su tutte, quella di Hal Holbrook), e la bella colonna sonora di Eddie Vedder. (Il Corbaccio)

Val (Woody Allen): Tu hai un erborista?!
Ellie (Téa Leoni): ah sì, è un genio!
Val (Woody Allen): già, a Beverly Hills è un genio. Se fosse a New York, sarebbe considerato un subnormale. Qui usiamo un sistema di valutazione diverso...

(da "Hollywood Ending" di Woody Allen)

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