mercoledì 3 dicembre 2008

Un angelo per Satana di Camillo Mastrocinque





Il giovane artista Roberto Merigi (Anthony Steffen) arriva in un paesino sulle rive di un lago. Egli è stato chiamato dal Conte di Montebruno (Claudio Gora) per restaurare un'antica statua appartenente alla sua villa e da poco ripescata proprio dalle acque del lago. Nel frattempo, dopo anni di studio in un collegio inglese, torna alla villa anche Harriet (Barbara Steele), la bella nipote del Conte, straordinariamente somigliante alla statua, che è legata ad una misteriosa e tragica leggenda. Il Conte spiega a Merigi che la statua è stata fatta ad immagine di Maddalena, un'antenata di Harriet. Ma sulla scultura grava anche la maledizione di Belinda, un'altra antenata di Harriet, brutta e follemente invidiosa della bellezza di Maddalena. Dopo la morte dei due barcaioli che avevano ripescato la statua dal lago, nel borgo montano la collera e la paura del malocchio. Harriet, che intanto si è innamorata di Roberto, assume a tratti un contegno insondabile e malvagio, e sembra posseduta da un'entità maligna che la spinge a seminare distruzione e morte, tanto che i villici la tacciano di stregoneria. È lei che rovina l'amore tra la sua cameriera e il maestro del paese; è lei che seduce l'innocuo scemo del villaggio e lo spinge a violentare giovani ragazze; ed è sempre lei che induce il rude popolano (Mario Brega) a sterminare la sua famiglia...
Da un racconto di Luigi Emmanuele ed eco che vanno da Fogazzaro ("Malombra") a Mérimée ("La Venere d'Ille", da cui Mario e Lamberto Bava trarranno un film nel 1978), "Un angelo per Satana è la seconda ed ultima incursione nel gotico di Camillo Mastrocinque, regista di fiducia di Totò. Come ne "La cripta e l'incubo", il suo horror precedente, Mastrocinque sfrutta ancora una volta il tema del doppio e la morbosa sensualità della Steele, che si dispiega appieno quando l'attrice si cala nei panni della perfida Belinda, che disprezza gli uomini ed è prepotentemente attratta dalle donne (si veda, su tutte, la scena della tentata seduzione della cameriera, piuttosto pruriginosa e ai limiti della censura dell'epoca). Il ritmo un po' lento e il finale stiracchiato sono ampiamente ricompensati dalle prove degli attori (in particolare da quella del sempre misurato Gora), dall'eccellente fotografia in bianco e nero e dall'inconsueta cura dei dialoghi.

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