Nel 1996, in Francia, era stato un caso letterario. L'autore del libro, con lo pseudonimo Chimo, aveva fatto recapitare il suo manoscritto all'editore "Plon" tramite un intermediario, che aveva strenuamente difeso l'anonimato del suo pupillo. Mondato dagli errori di ortografia e ritoccato nell'incerta punteggiatura, il libro, soprattutto in virtù del suo forte contenuto erotico, era ben presto divenuto un bestseller, suscitando l'ammirazione della critica e scatenando la caccia all'autore. Una caccia infruttuosa, visto che a tutt'oggi non si conosce la vera identità di Chimo (enfant prodige o scrittore navigato?). Adesso, sugli scaffali dei videonoleggi italiani, si può trovare il film che ne ha ricavato nel 2004 Ziad Doueiri, già operatore per Quentin Tarantino sul set di film quali "Le iene", "Pulp Fiction" e "Jackie Brown".
Il diciannovenne maghrebino Chimo, perditempo suo malgrado - abita in una squallida banlieu che non offre certo tante speranze, e dove i giovani si arrabattano tra strade sporche, squallidi bar e bordelli, non disdegnando tra l'altro qualche furtarello - incontra Lila, una lolita "tanto bionda da sembrare una macchia" in quel degradato sobborgo pieno di cemento. La ragazzina, troppo grande per essere bimba e troppo piccola per essere donna, è - per dirla come Chimo - "un angelo con la lingua da puttana". Si diverte infatti a fare, ma soprattutto a parlare di sesso, con la stessa trivialità di un camionista. Per Chimo, però, Lila è anche un irriverente e festante raggio di sole, che illumina il grigiore delle sue giornate senza capo né coda, e lo sprona inconsapevolmente a scrivere dei loro appuntamenti sui suoi quaderni (cosa che non rivela a nessuno, neppure a Lila). Gli espliciti inviti di Lila ad entrare nel suo privato immaginario sessuale - "Hai voglia di vedere la mia figa?", esordisce lei nelle prime pagine - rappresentano per Chimo un'occasione per scoprire le proprie potenzialità di scrittore, per lasciarsi alle spalle un mondo d'ignoranza che non gli appartiene più, per allontanarsi da un gruppo di amici zotici e scioperati. Sono, in definitiva, le chiavi per aprire la porta della banlieu e fuggirne una volta per sempre. Ad ogni modo, non bisogna trascurare la forte carica erotica del romanzo, per esaltare al contrario la scrittura come mezzo di redenzione o l'abilità dell'ignoto redattore nel descrivere la decadenza delle periferie urbane. "Lila dice" è e rimane una grande storia d'amore non consumata, fatta di piccoli giochi e grandi fantasie, ma entrambi di tipo esplicitamente sessuale, cosa che a Ziad Doueiri dev'essere sfuggita. Il regista epura bellamente numerosi passi bollenti, restituendoci una trasposizione del libro tristemente edulcorata. Siamo sempre alle solite: se non è associato a Thanatos, Eros non gode degli stessi quarti di nobiltà di altri argomenti ritenuti alti. (Il Corbaccio)
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