«La vita di Napoleone Bonaparte (1769-1821) dall'inverno del 1781 quando, dodicenne, frequenta il collegio militare di Brienne sino all'inizio della campagna d'Italia quando, ormai Generale, nell'aprile 1796 guida nella battaglia di Montezemolo (Cuneo) quella che sarebbe diventata la grande Armée. Nel faraonico progetto di Gance (1889-1981) doveva essere solo il primo di sei episodi di un gigantesco affresco napoleonico sino a Waterloo e Sant'Elena. Il cineasta non riuscirà a girare che questo, finanziato da un gruppo di produttori (tra cui Pathé) e di banchieri, che misero a disposizione la cifra, allora altissima, di 18 milioni di franchi. Frutto di 14 mesi di riprese e di 450.000 metri di pellicola impressionata (circa 40 ore), il film ebbe la sua anteprima pubblica il 7 aprile 1927 all'Opéra di Parigi dove fu proiettata, però, una copia dimezzata rispetto all'edizione originale di 12.000 m, circa 7 ore di proiezione a 24 fotogrammi al secondo (nel muto, però, i film erano proiettati a velocità variabile: 16, 18 o 20 fotogrammi al secondo.) “
Napoleone – disse Gance –
è un parossismo della sua epoca, la quale è un parossismo della storia. E il cinema è, per me, il parossismo della vita.” La più visionaria tra le opere di un cineasta visionario,
Napoléon è caratterizzato da molte innovazioni espressive e tecniche. La più celebre è il sistema Polyvision che consiste nell'uso di 3 schermi affiancati che allargano la visione, come si sarebbe fatto 25 anni dopo col Cinerama. Gance lo impiegò in 3 sequenze, quella del dibattito alla Convenzione, quella del “Ballo delle vittime” e quella della marcia dell'esercito francese verso l'Italia (quest'ultima è l'unica che oggi possiamo vedere, perché Gance in un momento di sconforto distrusse le altre due). Gance inventò e impiegò anche diversi dispositivi per mettere la cinepresa in movimento (a dorso di cavallo, in ceste oscillanti nell'aria, ecc.), ricorse a sovrimpressioni multiple, allo split-screen, ottenuto artigianalmente, all'uso soggettivo della cinepresa. Il regista fece muovere parecchio la mdp perché lo spettatore doveva “
incorporarsi al dramma visivo”.
“
... La forza specifica di Napoléon consiste soprattutto nella varietà dei toni e dei registri nei quali Gance ha voluto incastonare questo gigantesco affresco” (Jacques Loucelles). È un proposito che Gance perseguì anche a livello narrativo, mescolando le storie quotidiane di personaggi anonimi e la Storia con la maiuscola. È ovviamente un Napoleone “visto da Abel Gance”, cioè storicamente opinabile. Un critico gauchiste dell'epoca, Léon Moussinac, scrisse che “
non ha più verità storica della Chanson de Roland”, aggiungendo che era “
un Bonaparte per apprendisti fascisti”. Qui esagerava: traspare dal film un'esplicita identificazione di Gance con il suo eroe, ma la sua volontà di potenza coincide con quella che Gance attribuiva a se stesso come regista demiurgo e stratega: il suo campo di battaglia era il cinema. Pur nella loro enfatica magniloquenza, che sfiora persino l'ingenuità, non sono poche le sequenze memorabili, tra cui la tempesta durante il viaggio dalla Corsica alla Francia, l'assedio e la presa di Tolone, il discorso del Generale alla Convenzione, l'arrivo dell'esercito francese in Italia. Oltre a Dieudonné, austero protagonista dai tratti aquilini, spiccano le interpretazioni di Artaud (Marat), G. Manès (Giuseppina), Annabella (l'innamorata infelice). Non esisteva una “edizione originale” di
Napoléon. Qualcuno ne ha contate 19. La 13ma cioè la 1ma versione sonorizzata
Napoléon Bonaparte vu et entendu par Abel Gance (1935) fu curata dallo stesso regista, comprende scene nuove girate nel 1934, con nuovi attori, e circolò, almeno in Francia, per una ventina d'anni; ne esiste un'altra del 1971
Napoléon et la revolution anch'essa supervisionata da Gance. La partitura originale, scritta da Arthur Honegger per l'anteprima all'Opéra, risultava perduta, ma è stata recuperata negli anni '80. Consiste in sette brani per altrettanti episodi, più un ottavo (
Danse des enfants), tratto da Honegger da una sua pantomima musicale giovanile. Negli anni '70 l'inglese Kevin Bronlow approntò 2 versioni successive del film di 290 e di 313 minuti con una partitura musicale di Carl Davis. Su quelle due versioni si è basato Francis F. Coppola per le proiezioni al City Music Hall nel 1981, con la musica del padre Carmine. In televisione il film passa generalmente in un'edizione di 110 minuti.»
(da
Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli, Bologna, 2006 & Cristina Bragaglia,
Storia del cinema francese, Tascabili Economici Newton, Roma, 1995).
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